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I RACCONTI DEL CUSCINO
(THE PILLOW BOOK)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 18 marzo 1997
 
di Peter Greenaway, con Vivian Wu, Yoshi Oida, Ewan McGregor (Gran Bretagna, 1996)
 
Se è vero che l'atto di dipingere, scrivere, amare ed uccidere costituiscono da sempre l'alito che sostiene il cinema di Peter Greenaway, non vi è dubbio allora che THE PILLOW BOOK è un film che nessuno degli ammiratori dell'autore di IL CUOCO, IL LADRO, SUA MOGLIE E L'AMANTE vorrà mancare.

Non solo. Se è vero che di cinema affascinante, ma pure esasperante, spesso di testa, comunque ostico si sia sempre trattato allora, egualmente, questo è un film che dovrebbe contribuire a diminuire la distanza che separa il regista suo pubblico: perché la vicenda narrata si presta ad essere seguita "normalmente". È quella di Nagiko, bambina nella Kyoto degli anni 70, alla quale il padre - celebre calligrafo - lascia un'eredità indelebile: dipingendole sul viso, sulla nuca, gli auguri di compleanno ne determina per sempre i destini affettivi e sessuali. Divenuta adulta, Nagiko non cesserà infatti di ricercare l'amante ideale: quello che, oltre che donarle il piacere dei sensi, saprà servirsi di lei come di un libro, lasciando scorrere il pennello sulla sua pelle, coprendo l'intero suo corpo di ideogrammi... Fino all'arrivo di Jerôme: che gli insegnerà ad invertire gli schemi, a servirsi a sua volta delle pelle dei suoi amanti, a scivolare (assieme al film) dal desiderio alla crudeltà, dall'Eros a Tanatos.

Film di un ricercatore, di un erudito dell'immagine sulla sensualità del segno, la fascinazione della scrittura, la trascrizione e la trasmissione della parola e del suono, THE PILLOW BOOK non poteva non riassumersi in un equivalente tentativo cinematografico. E, difatti, Greenaway innova profondamente nella forma, se non nella sostanza del suo itinerario nella passione amorosa. E tenta di riproporre nella cornice dello schermo gli stessi rinvii (sensuali, comportamentali, psicologici) che il pennello provoca sulla pelle dei suoi personaggi. Ecco allora che i diversi livelli del suo racconto (i riferimenti storici alle diverse fonti culturali, l'infanzia della protagonista, la contemporaneità nell'energia - del tutto inedita nel cinema dell'autore - di Hong Kong), cosi come il presente, l'immediato futuro, il passato dell'azione proposta e, ancora, i tradizionali e disparati temi che gli sono da sempre cari (le classificazioni, il cannibalismo, l'omosessualità, ecc.) s'iscrivono - come sull'epidermide dei suoi attori - sulla pellicola. Con le medesime incrostazioni già introdotte nel precedente PROSPERÒS BOOKS, con le sovrapposizioni, gli schermi-multipli, l'intreccio delle colonne sonore, l'utilizzo alternato del colore con il bianco e nero. In un montaggio spazio-temporale che ricorda quello di Resnais: ma all'interno dell'inquadratura, nell'istante presente. Dove, accanto all'azione contemporanea, viene ad iscriversi quella referenziale passata, ed addirittura quella futura. Quella che anticipa le conseguenza sui personaggi del comportamento attuale.

Procedimento affascinante, oltre che sapiente. Ma, appunto, procedimento. Tutto il giudizio, la reazione dello spettatore al film finirà allora per risolversi non tanto in rapporto ad una storia, ad un personaggio, ad una morale: ma nei confronti di quell'operazione. Quanto del poeta ispirato e quanto del saggista erudito, quanto dello sperimentatore lucido e glaciale convivono - in definitiva - in Peter Greenaway? E, ancora: quanto di cinema piuttosto che di CD Rom, di ricerca intellettuale che di vita, di fobico che di commosso è contenuto nel film?

Film squisitamente (per i suoi temi, la sua compiutezza e la sua ambizione) greenawayano, THE PILLOW BOOK non contribuirà probabilmente a risolvere i soliti interrogativi.


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